27 gennaio 2013

Mi si è slacciato un sandalo

Fonte foto: it.paperblog.com
Roma, giugno 1963.
Sergio è un ragazzetto di Testaccio. Settimo di undici figli di una famiglia provata dalla guerra. Ventisette anni, di teste ne ha fatte girare parecchie. Un po’ alla poveri ma belli. Magro, 175, fronte alta. Un bel ragazzo. Scapestratello ma con tutte le intenzioni di mettere la testa a posto.
Ha da poco conosciuto Settimia. Ha deciso di mettere testa a partito. Stanno insieme da qualche mese. Lui ancora non lo sa, ma sarà quella che sposerà di lì a qualche anno.
Lei ha appena cambiato lavoro. Primogenita di tre sorelle, è da poco che ha iniziato a fare la commessa in un negozio a Via Cola di Rienzo, nel borghesissimo quartiere Prati. La paga è migliore della precedente. Le hanno promesso 25.000 lire al mese, ben 5.000 in più del negozio dove lavorava prima!
Anche lui ha da poco cambiato lavoro. È da poco che ha iniziato a fare il macellaio al popolarissimo mercato di Campo de’ Fiori.
Tutti e due pieni di aspirazioni e con le migliori intenzioni possibili.
Era un venerdì e quella sera dovevano andare a cena a casa della famiglia di lui. Il suocero un po’ burbero ma con la mania della famiglia unita e la suocera che diffondeva amore materno a chiunque le si avvicinasse. Una famiglia numerosa di lavoratori infaticabili.
Sono le 19.30 “A domani! Ciao” La serranda del negozio si chiude. Le altre commesse se ne vanno alla spicciolata. Chi a passi brevi e veloci sul marciapiede, chi rincorre l’autobus in partenza, chi entra nella macchina del fidanzato. Settimia si guarda intorno ma di Sergio nessuna traccia. “Uffa! Guarda se si vede. Dobbiamo andare a cena dai suoi e non mi va di arrivare tardi!” Pensa lei guardando l’orologio nervosamente.
Fonte foto: picasa.com
Non capisce perché quel giovanotto su quella moto enorme la guarda così insistentemente dal marciapiede opposto. Lei ha poco più di sedici anni e non è abituata a certi sguardi indiscreti. Sono ancora gli anni 60 e certe sfrontatezze ancora non vanno di moda. Ma cercando di non farsi vedere mette a fuoco la figura che aveva di fronte. “Ma è Sergio quello? No. Impossibile. Lui non ha la moto. Viene sempre a prendermi con la 500”. I pensieri le si accalcano nella mente.
Sergio aveva deciso di fare colpo. Si era fatto prestare una Harley Davidson da un amico. Forse se la sarebbe comprata con i primi risparmi. La moto l’aveva provata ma ancora non sapeva se Settimia avrebbe avuto la stoffa della zavorrina, come si dice adesso. L’America aveva inondato tutto l’Occidente di bei fusti che si portavano dietro belle figliole sul sellino della moto. Tutte pin-up e tutti Marlon Brando. Forse anche Sergio voleva provare quell’emozione. Ma per lui era importante anche il parere di Settimia. Non voleva farla trovare davanti al fatto compiuto cosa che in futuro avrebbe fatto un’infinità di volte.
Avvia la moto con un paio di colpi di pedivella. Il mostro d’acciaio inizia a borbottare rumorosamente con il motore al minimo. Le Harley sono sempre Harley. Una voce inconfondibile. Un colpo di clacson e Settimia non può fare a meno di riconoscerlo. “Set-tima!” Come affettuosamente continuerà a chiamarla per tutta la vita “Sono io! Non mi riconosci?”. Accidenti! È proprio lui! Ma dove avrà trovato quell’ammasso di ferraglia rumoroso e puzzolente?
Agitata attraversa la strada. Non sa se scoppiare a piangere o darsela a gambe. “Guarda un po’ se non mi doveva capitare un matto…”
“Dai Sali!” Fa lui. “Io su quella cosa lì non ci salgo. Ho paura!” La pronta risposta.
Con quella faccia da schiaffi che si ritrova, Sergio riesce a convincerla. Dopo mille promesse ad andare piano e mille raccomandazioni di Settimia, alla fine sale sulla moto. Vibra tutta e la posizione di traverso sul sellino posteriore non è delle migliori. Ma con la gonna stretta era l’unica maniera per salire. I sanpietrini sotto le ruote poi non aiutano per niente.
Settimia si stringe forte a Sergio promettendo a se stessa che quella sarebbe stata la prima ed ultima volta.  Il caldo della giornata di giugno lascia il posto al fresco della sera. Il vento scompiglia i capelli a tutti e due. Il sole inizia a scendere dietro i palazzi. Lui è contento come non mai. Ha una moto che tra poco potrebbe essere sua così come la bella ragazza che ha dietro. Settimia per la paura affonda la faccia sulla schiena di Sergio. Non vuole nemmeno vedere. Spera solo che la tortura, come pensa lei, finisca presto.
Via Cola di Rienzo, Via Cicerone e Piazza Cavour. L’imponenza del Palazzaccio, come i romani chiamano il palazzo dei tribunali, si fa sentire. Lungotevere. Da una parte la maestosità di Castel Santangelo, sfilano a sinistra i bianchi angeli del ponte davanti alla fortezza dei papi. Davanti a loro la fuga prospettica di Via della Conciliazione con sullo sfondo la santità della Cupola di San Pietro.
Sergio porta bene la moto. Agevolmente si addentra nello scarso traffico del ritrono a casa dei romani. Mentre si avvinghia alla sua unica fonte di salvezza, controllando le macchine che le sfilano intorno, Settimia con la coda dell’occhio guarda dietro. Sono seguiti dal 23 l’autobus che porta a Testaccio. Giusto giusto sotto casa di Sergio. Potrebbe essere la sua salvezza. Ma come prenderlo? Chiedere a Sergio di fermarsi per poterci salire sarebbe stata una pazzia. Lui avrebbe solo aumentato la velocità per arrivare prima e conseguentemente il terrore per lei si sarebbe solo che moltiplicato. Ci voleva uno stratagemma. Si ma quale?
Il terreno sotto le ruote a raggi corre veloce. Si guarda i piedi. Aveva messo anche i sandali nuovi che stavano proprio bene con quella gonna un po' troppo stretta. “I sandali!!!” Pensa tra se e se. “I sandali mi salveranno!”.
Fonte foto: it.paperblog.com

Aspetta un po’. Calcola il tempo che li separa dall’autobus che li segue. Alla fermata successiva, sempre sul lungotevere, davanti l’ospedale Santo Spirito, gli bussa sulle spalle. “Sergio fermati un attimo. Mi si è slacciato un sandalo ed ho paura che finisca nella ruota”.
Sergio si ferma. Con uno scatto che nemmeno lei si sarebbe aspettato, arriva in un batter d’occhio all’autobus che aveva appena aperto le porte. Il tempo che Sergio realizzi cosa sta succedendo che l’autobus lentamente sorpassa la moto ferma davanti al marciapiede.
Settimia abbassa il finestrino dell’autobus ed urla “Tu vai avanti. Ci vediamo a casa”. Esausta e sfinita sia dalla lunga giornata di lavoro che dalla paura degli ultimi minuti si siede dietro l’autista.
Sergio rimane con un palmo di naso. “Porca miseria me l’ha fatta. Questa mi darà del filo da torcere. Ma mi piace anche per questo”.
Le cronache non ci dicono che fine abbia fatto il mostro di Milwaukee.
A mamma la paura delle moto non passerà mai più….
Papà rimarrà un portatore sano di passione.
Sergio e Settimia

15 gennaio 2013

Il viaggio del sogno Parte 1


Fonte foto: motoviaggio.wordpress.com
Chi non ha un viaggio del sogno?
Ognuno di noi motociclisti che non si accontenta di rimirare la propria moto, bella lucida fuori dal bar, ha più o meno nascosto dentro di se il proprio viaggio del sogno.
Sia esso il ghiaccio di Capo Nord, l’americanissima Route 66, le sabbie del Sahara, il misterioso Oriente, la Transiberiana, l’Australia,  l’Elefantentreffen, la Transamazzonica e chi più ne ha più ne metta, ognuno ha in fondo al cassetto quel viaggio per quale ci si sveglia la notte a pensare….
Voi quale viaggio del sogno avete?
Il mio? Dopo un piccolissimo assaggio con il mini mini viaggio in Sardegna di giugno 2012, prepotentemente mi è tornato su, un po’ come i peperoni il giorno dopo, un viaggio che tengo nascosto laggiù in fondo al cuore da più di vent’anni.
Roma Eilat (costa israeliana del Mar Rosso per chi fosse poco pratico della zona), con Amelia ovviamente.
Pazzo? Chissà… (Segue...)

06 gennaio 2013

Caldo? Freddo?

E' risaputo che la moto non è cosa da tutti.
Le scuse che accampano sono le più disparate
Chi "La moto non fa per me. Non mi potrei vedere tutto spettinato dopo che mi sono tolto il casco"
Chi "La moto? No non ho più l'età E' roba da ragazzini".
Chi "La moto? No grazie ho la macchina. Perché 4 ruote sono meglio di due"
Chi "La moto? No non me la faccio perché, mi conosco, ci correrei troppo"
Chi "La moto? Ma che sei matto? Con tutto lo smog che ti respiri..."
Chi "E dove mi metto la tavola da surf d'estate? E gli sci d'inverno?"
Chi "Non capisco chi si fa la moto perché sente che sta invecchiando"
Chi "La moto? No no ho troppo freddo d'inverno e troppo caldo d'estate"
...
E si potrebbe andare avanti all'infinito.... Bah...
Avrei una infinità di argomenti da esporre che ci si potrebbero scrivere libri interi...
Ma per la categoria dei freddolosi/calorosi la tecnologia israeliana ha messo a punto un gadget che fa per loro. Niente scuse!!!!



Troppo forti st'israeliani.... Date un po' un'occhiata qui
Ma vi faccio una promessa...  non monterò mai una cosa del genere su Amelia.



Parola di boy scout, anzi di halutzì

P.S. Grazie Raffa per la consulenza